VINI MEDICINALI

Nella realizzazione di enoliti svolgono un ruolo essenziale, il
rispetto dei tempi di macerazione e le giuste proporzioni tra il
vino e le droghe utilizzate, queste indicazioni, non ammettono
deroghe, pena, l’insuccesso.

La parola enolita, oggi assolutamente in disuso pur essendo il

termine più corretto per definire ogni preparazione a base vinosa,
deriva dal greco, precisamente dal termine eno che significa
vino e lytos che significa sciolto. L’enolita si può quindi definire
come un vino in cui siano stati disciolti principi attivi di origine
vegetale. Nelle tinture vinose il vino, oltre ad essere utilizzato
come solvente di principi attivi può essere, come vedremo più
avanti, esso stesso, dotato di proprietà benefiche. Il vino a sua
volta si può definire come il prodotto della fermentazione alcolica
di mosti ricavati da uve fresche o leggermente appassite,
con o senza la presenza di vinacce.

Nonostante una storia documentata di utilizzo di più di quattromila
anni, un giudizio complessivo degli effetti del vino sulla
salute umana non è stato raggiunto. Mentre è ovvio che dosi elevate
di alcol nuocciono alla salute, dosi alimentari moderate di
vino, hanno effetti qualitativamente diversi dalle alte dosi.
Alcune ricerche farmacologiche suggeriscono che l’assunzione
di quantità modeste di vino non hanno effetti negativi; vengono
anzi individuati alcuni benefici, come ad esempio un effetto protettivo
nei confronti delle malattie coronariche, un’azione antisettica
ed una ansiolitica. Negli ultimi decenni inoltre, si sono
cominciate a valutare le caratteristiche nutrizionali di questa
bevanda.

CENNI STORICI
Non solo i Greci, ma tutti gli abitanti del bacino Mediterraneo
usavano, per i più svariati scopi, il vino medicato. Gli Egiziani,
ad esempio, lo utilizzavano nell’imbalsamazione dei cadaveri:
dopo aver tolto le interiora dalla cavità addominale, questa
veniva ripulita con vino di palma, allo scopo di purificarla e di
ovviare almeno in parte allo sviluppo di putrefazioni. Vini
medicati erano contenuti in anfore ritrovate nelle tombe dei
faraoni, infatti solo il vino era considerato una bevanda sufficientemente
degna per accompagnare il loro viaggio nell’aldilà.
Erodoto che durante i suoi viaggi in Egitto raccolse nelle sue
“Storie” dati e leggende di questo popolo, ci riferisce come spesso
gli alimenti venissero lavati nel vino prima di essere consumati,
per essere sicuri della loro purezza, e di come il vino fosse
comunemente utilizzato nella disinfezione delle ferite. Intorno
all’anno 1000 i vini medicati o, come allora più spesso venivano
denominati, le tinture vinose erano conosciutissime e usatissime.
Per ogni male, e per ogni occasione della vita, c’era un’apposita
tintura a base di vino: il vino aromatizzato alla fragola
veniva portato in fiasche dagli scudieri per soccorrere i cavalieri
durante le Crociate ed era considerato uno dei migliori fortificanti,
corroboranti e nutrienti; il vino alla nocciola era considerato
un toccasana per la guarigione di brutte ferite e per ogni
convalescenza. Anche Plinio, naturalista latino qualche secolo
dopo nella sua Naturalis Historia sottolinea l’utilizzo in medicina
dei vini medicati alle erbe, soprattutto contro la dissenteria
e per la disinfezione e la cicatrizzazione di piaghe e ferite. Nel
Medioevo, epoca in cui la religione permea di sè molti aspetti
della vita, il vino vive una stagione di grande scoperta e valorizzazione,
che è ben rappresentata dalla frase di S. Tommaso
d’Aquino (filosofo e teologo vissuto a metà del 1200): “Aequa
vita vinuum” (il vino è vita).

Presso l’Archivio storico dell’Ospedale Maggiore di Milano sono conservati frammenti di
un “Formulario” e di un “Trattato sui vini medicinali” risalenti
al 1300, che denotano un utilizzo assiduo e concreto di questa
forma medicamentosa in un tempo così remoto. In special modo
i conventi sono stati allo stesso tempo luogo di cultura sia nel
campo della vinificazione che dell’uso delle piante medicinali.
Le maggiori estensioni viticole a quel tempo, sono proprietà di
vari conventi e sono i frati erboristi benedettini, templari, cistercensi,
che mentre preparano il vino per la messa, si dedicano alla
ricerca di erbe medicinali che possano incrementare le naturali
doti che esso possiede. I frati hanno messo a punto la maggior
parte delle ricette dei vini medicinali che si sono tramandate
fino a noi. Non si deve pensare che gli studi circa i vini medicati
fossero limitati entro i confini dei paesi produttori e consumatori
di vino: anzi, è abbastanza singolare che sia stato un medico
arabo, Ibn-al-Awam, a scrivere nel XIII secolo una delle opere
più complete in questo campo, ricchissima di ricette a base di
vino; e questo benchè la religione islamica vieti l’uso di questa
bevanda. Tra le ricette trattate ricordiamo il vino al boldo, allo
zenzero, all’issopo per rimettere in salute i convalescenti.

Gli enoliti, pur essendo attualmente in disuso, sono delle preparazioni
fitoterapiche interessanti, in quanto il vino, utilizzato
come solvente di opportuni p.a., può essere esso stesso dotato di
proprietà benefiche.
Nella realizzazione di enoliti svolgono un ruolo essenziale, il
rispetto dei tempi di macerazione e le giuste proporzioni tra il
vino e le droghe utilizzate, queste indicazioni, non ammettono
deroghe, pena, l’insuccesso. Tutte le operazioni richiedono
pazienza e precisione, poichè si tratta di un medicamento estemporaneo;
nella sua preparazione si cerca di massimizzare gli effetti
benefici del vino utilizzato, delle droghe in esso disciolte, e del
tempo, che nel suo trascorrere, armonizza i vari ingredienti.
E’ doveroso sottolineare il carattere nettamente empirico degli
enoliti rispetto ad altre preparazioni di tipo erboristico, infatti
solo dopo molte prove, e cambiando selettivamente i parametri
di preparazione, è possibile ottenere un enolita di qualità.
Considerando la grande varietà regionale dei vini, dopo opportune
prove, è possibile arrivare ad enoliti non solo curativi, ma
anche gradevoli ed originali. Ai fini dell’assunzione non è secondario
il fatto, che un enolita può risultare più gradevole e meglio
accettato dal paziente rispetto ad altri estratti.

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